Famiglia

Non arrivano alla fine del mese ma sono solo “poveri relativi”

Dai risultati della commissione d’indagine si scopre che, in Italia, un single con 600 mila lire al mese può condurre una vita “dignitosa”

di Redazione

Presidenza del Consiglio: la commissione d?indagine sulla povertà e sull?emarginazione, insieme con l?Istat, ha reso noti i risultati dell?inchiesta sulla povertà in Italia relativi al 1997. I dati, non molto diversi da quelli emersi nel ?96 parlano di 7 milioni di italiani riconosciuti al di sotto della soglia di povertà.
Povertà relativa e povertà assoluta. Nella prima definizione ricade una famiglia composta da due persone con una spesa per consumi inferiore al consumo nazionale pro-capite, nella seconda quei nuclei che, una volta individuato un paniere di beni e servizi essenziali (cibo, casa, spese di ammortamento per televisore, lavatrice e frigorifero), risultano possedere una cifra mensile inferiore a quella necessaria per far fronte a queste esigenze riconosciute come minime per la sopravvivenza. Comunque, povertà. Una condizione che – stando ai risultati dell?indagine condotta dalla Commissione sulla povertà e sull?emarginazione (in collaborazione con l?Istat) per il ?97 – riguarda quasi sette milioni di italiani pari al 12 per cento della popolazione, per lo più residenti nel Mezzogiorno, dove il fenomeno riguarda 26 persone su 100. Le famiglie al di sotto della linea di povertà (cioè che hanno meno di 1.233.829 lire al mese per far fronte alle loro necessità, cifra calcolata sul modello di un nucleo composto da due individui) sono 2.245.000 ovvero l?11,2 per cento della popolazione. ?Le famiglie numerose – si legge nel rapporto – si confermano quelle a maggior rischio di povertà sia nel Nord sia nel Mezzogiorno. In generale, la situazione di disagio si è aggravata nel ?97 soprattutto tra le famiglie di 5 o più componenti e tra quelle unipersonali: a livello nazionale, rispetto al ?96, l’incidenza della povertà tra le prime è passata dal 21,1 al 24,1 per cento; tra le seconde dal 9 all?11,6 per cento. Circa una famiglia su tre con a capo una persona in cerca di occupazione risulta povera, in totale circa 170.000 famiglie?. Vale la pena soffermarsi sull?elaborazione del paniere di beni e servizi essenziali, il cui valore monetario costituisce la soglia di povertà di riferimento. Dato per scontato che le spese per sanità e istruzione siano a totale carico dello Stato, per beni e servizi essenziali (?atti a garantire uno standard di vita modesto ma sufficiente a evitare forme di esclusione sociale?) si intendono: il cibo, l?affitto di una casa (comprensivo di spese per luce, gas e telefono) e le quote di ammortamento per i ?beni durevoli? (manutenzione di televisore, frigorifero e lavatrice), insieme con la ?quota residuale? per spese di vestiario e calzature, per la cura della persona, per cultura e attività ricreative, per i trasporti. Risultato: un single che ha a disposizione meno di 663.270 lire al mese può definirsi povero. Somma con cui si può far fronte, secondo la ricerca, alle spese per l?alimentazione (circa 240.000 lire), per la casa e le bollette (313.500 lire), per i beni durevoli (20.000 lire) e agli extra (non i divertimenti, ma vestiti, scarpe e simili per 89.000 lire). Stime di costi che appaiono alquanto irreali (davvero in una città italiana si riesce a far fronte ad affitto, gas, luce e telefono con 300.000 lire? Davvero con 660.000 lire una persona è in grado di condurre una vita dignitosa?) e che autorizzano a pensare che i poveri – non nel senso Istat del termine – siano, purtroppo, molti di più.

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